Un monaco Domenicano poco conosciuto dai giovani.
La sua Vita piena di esperienze paranormali.
Un giorno passò da una via e vide un uomo che cadeva da una alta impalcatura...
subito intercedette per lui e l'uomo fu fermato per aria...
San Vincenzo Ferrer viene raffigurato col braccio alzato e col dito indice rivolto
al cielo come a ricordarci che Una è la fonte di Vita e di Amore e che tutte
le grazie elargite provengano da lassù e non da lui. San Vincenzo Ferrer non
è molto conosciuto dalle generazioni moderne.
Egli è uno dei Santi sempre disponibile col suo Amore incondizionato ad
aiutare chi si trova in difficoltà. Per chi ha il dono della veggenza,
egli può apparire con una fiammella di fuoco sul capo. Ad alcuni è
apparso con un enorme alone di Luce intorno al suo corpo astrale, simile a
tante lingue di fuoco. San Vincenzo potrebbe aiutare a risolvere i casi
difficili in cui la guarigione non è avvenuta.
E questa volta non si tratta di una tentazione interiore o di una visione
ma di una tentazione concreta incarnata in una donna nobile e bella, e di
più perdutamente innamorata di Vincenzo giovane, bello, dotto, da tutti
osannato. Conosciamo il nome di lei: Ines Hernandez.
Ma vedendo che non giovavano né esortazioni, né minacce per farla andar via,
volle ripetere il gesto che aveva fatto in simili circostanze il Beato Domenico
Cuvo suo confratello. Prese il braciere che aveva portato in cella, sparse i
carboni ardenti sul pavimento e, sdraiatosi sopra di essi, rivolto alla donna
le disse:
Nel Convento di Valencia c’era un monaco il quale, pur essendo religioso
e teologo, era un uomo di squallidi costumi: se la intendeva di nascosto
con alcune prostitute; e non aveva solo tale grave disordine ma era anche
molto invidioso della santità e della fama del suo confratello Vincenzo
che rappresentava per lui un grave e vivo rimprovero. Successe che, dopo
aver passato una notte con una di quelle donne di malaffare, quando si
trattò di pagarla, prima di dimetterla, riuscì a darle molto meno denaro
di quanto la donna pretendeva. Lamentandosi inutilmente con lui volle che
il frate le rivelasse il suo nome; ed egli, per liberarsi di impaccio e
per gettare discredito sul confratello, disse di chiamarsi Vincenzo Ferrer.
La donna si lamentò del frate con il suo protettore ed a lui rivelò il nome che
le era stato indicato. Il fatto fu risaputo, con grande meraviglia di quanti
vedevano Vincenzo ammantato dalla aureola di virtù. Tra i tanti
rimase singolarmente meravigliato il fratello di Vincenzo, Bonifacio, che era
a quel tempo tra i maggiorenti della città. La cosa non sembrava credibile e
fu necessaria una riprova. Ci sarebbe stata in città una processione, alla quale
avrebbero partecipato i religiosi, e anche i frati Domenicani. Alcuni cittadini
colsero l’occasione perché la donna potesse indicare con precisione il frate
incriminato. Mentre passava Vincenzo le chiesero se era veramente lui; ma lei
disse di no; anzi affermò di conoscere e stimare quel padre per averne ascoltato
una predica in cattedrale. Non era lui, ma era quello che lo seguiva;
lei lo riconobbe molto bene. Il colpevole fu chiamato dalle autorità, fu convinto
del suo peccato e della ignominiosa calunnia divulgata contro il santo
confratello. E la fama della santità di Vincenzo non solo non diminuì ma
aumentò grandemente, come una luce che brilla più luminosa sullo sfondo
oscuro delle miserie umane e delle perverse intenzioni.
Un altro fatto in cui le donne non sono protagoniste, ma solo implicate.
Avvenne che partendo da Lerida, Vincenzo si trovò un giorno davanti alcuni
uomini, usciti improvvisamente da una boscaglia, i quali con fare minaccioso
parlavano intenzionati non solo a picchiarlo ma perfino a farlo fuori.
Il Santo stava predicando in Francia e precisamente a Tolosa nel 1417,
e una donna disturbava la predica con le sue ciance; richiamata da Vincenzo
e dalle persone presenti pretese di continuare nel suo comportamento tanto
che alcuni presenti la obbligarono ad allontanarsi con le buone e con le
cattive. Grandemente esasperata di quanto era accaduto, e decisa di lavare
l'offesa, appena arrivata a casa convinse due giovinastri suoi figlioli a
vendicare il raffronto che ella pretendeva di aver ricevuto dal monaco
Vincenzo. Non le ci volle molto per convincerli a prendere le armi, ed essi
si dissero decisi a usarle non appena Vincenzo si fosse allontanato dalla folla.
Ad un certo momento gli furono addosso per trucidarlo. Ma appena fecero
il gesto di colpire rimasero con le braccia inaridite e immobili, come se
fossero divenute di marmo (paralizzate). A questo punto i due giovani sbigottirono,
e subito piegati a più miti consigli, atterriti e compunti si gettarono ai
piedi di Vincenzo chiedendogli umilmente perdono per l’attentato, supplicandolo
che ridesse loro l’uso delle braccia. II perdono l'ebbero subito poiché questa
era l'abitudine di Vincenzo verso chiunque lo avesse offeso; quanto all'uso
delle braccia lo avrebbero ripreso dopo che avessero ammonito la loro madre
di confessare tre suoi peccati che mai aveva manifestato in vita sua; quando
lei avesse fatto questo anche essi avrebbero ottenuto la liberazione delle
braccia. E ciò puntualmente avvenne dopo che quella mamma si fece umile e
accettò l'ammonimento del Santo, giunto a lei in modo tanto perentorio.
Se lo scontro di Vincenzo con i demoni fu frequente,
(per demoni si intende la presenza di entità basse,
forme pensiero e gusci astrali) egli ebbe anche la gioia
dell’incontro con angeli buoni, ne ricordiamo uno, del quale la memoria dura
sino ai nostri giorni.
Perfino il re Martino lo accolse alle porte della città. Vincenzo stava
entrandoci attorniato da tutti quando si fermò; aveva visto al centro della
strada un grande e bellissimo giovane che aveva nelle mani una spada e una
corona.
Ciò che appunto fece il giorno seguente, esortando i cittadini
alla gratitudine verso Dio per
aver dato un Santo Custode alla loro città, come lo ha dato a ogni altra
città e ad ogni persona, secondo gli insegnamenti ecclesiastici e quanto
liturgicamente si festeggia il 2 Ottobre, la festa dell'Angelo Custode.

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